Viterbo - Il Teatro Unione

L'architettura neoclassica si estese dai primi anni del '700 fino a tutto l'800, si trasformò nell'Eclettismo. 
In particolare in Italia l'eclettismo si diffuse nella versione neorinascimentale dalla metà fino alla fine dell'800. 
Il teatro dell'Unione di Viterbo rispecchia perfettamente la concezione neoclassica, con un equilibrio proporzionale 
di verticali e orizzontali in un'ampia facciata di due ordini, il dorico e lo ionico, con grandi finestre, sormontate da una 
sorta di "attico", al di sopra del quale si erge un grande timpano. La pianta del teatro è rettangolare; la sala è 
semicircolare, ossia a ferro di cavallo, con pareti ricurve e quattro ordini di palchi, il loggione, la galleria e il palcoscenico.
 
Viterbo - Teatro Comunale - Interno - 1955 c.
 
 
La parte decorativa del teatro venne eseguita da vari artisti: il soffitto originale e i lacunari della galleria furono dipinti
 
dai bolognesi Luigi Samoggia e N. Dal Pane, gli stucchi da Giuliano Corsini di Urbino, le decorature da Giuseppe
 
Carotino di Iesi, le pareti, le colonne e i pilastri della galleria da Cesare Bacinetti di Roma. Il lampadario, su disegno
 
dello stesso Vespignani, fu realizzato dalla fabbrica Boni e Guerrini di Ancona, con materiale importato da Parigi,
 
il meccanismo del palcoscenico fu eseguito da Daniele Ferretti. l sipario originale era splendido: dipinto da
 
Pietro Gagliardi, rappresentava " Il tempio della gloria". Il teatro dell'Unione fu eretto sul lato nord dell'antica
 
piazza San Marco (ora piazza Verdi) sopra un terreno vulcanico di peperino. A Ovest era costeggiato dal
 
torrente Urcionio, ora coperto dall'attuale via Fratelli Rosselli. Il teatro ha attualmente una agibilità
 
per 660 posti, cui 270 nella sala ed il resto nei quattro ordini di palchi esistenti.
 
 
Interno del teatro

 

Primi anni di attività: l'ottocento

La posa della prima pietra avvenne il 28 Novembre 1846. Il progetto prescelto fu quello dell'architetto Vespignani di Roma.

Allo stesso architetto si deve il progetto di vari teatri eretti in quel periodo nello Stato della Chiesa, oltre ad altre opere

pubbliche nella stessa Viterbo, come il cimitero di S. Lazzaro. L'impulso che fece nascere il teatro dell'Unione fu dunque

la grande passione, comune a quasi tutte le principali città italiane, per l'opera lirica. Non a caso

l'inaugurazione del teatro avvenne nel 1855 con la stagione lirica che durò dal 4 agosto al 25 Settembre.

Il programma comprendeva tre melodrammi e un balletto:

Viscardello - melodramma in tre atti di F. M. Piave, musica di G. Verdi;
 
Maria di Rohan - melodramma in tre atti di S. Cammarano, musica di G. Donizetti;
 
Roberto di Picardia - dramma lirico in 5 atti di E. Scribe, musica di G. Meyerleer;
 
Il Fornaretto - grande ballo in 5 atti di Giuseppe Rota.
 
La piazza ed il teatro nel 1915 c.
 
L'impresario Vincenzo Iacovacci avrebbe voluto inaugurare il nuovo teatro con lo Stiffelio,
 
ma una lettera autografa di Verdi testimonia la personale opposizione del maestro a
 
causa dell'insuccesso del lavoro, che fu sostituito dal Rigoletto.
 
L'opera, a causa della censura dello stato pontificio, aveva dovuto cambiare il nome in
 
quello di Viscardello. La protagonista fu il soprano virginia Boccadabati.
 
Quella sera, alle ore 20:00 del 4 agosto 1855, il teatro era gremito da una
 
moltitudine accorsa anche dai centri vicini e dalla capitale. Era presente
 
Virgilio Vespignani. nell'intervallo del Viscardello fu rappresentato il ballo
 
" Il Fornaretto ". In occasione del secondo del secondospettacolo," Maria di Rohan ",
 
il teatro fu illuminato per la prima volta a cera con un effetto straordinario.
 
Tutta la stagione estiva fu un trionfo celebrato in particolar modo per la
 
ballerina Augusta Maywood, la prima americana che acquistò notorietà
 
internazionale nell'arte della danza.
 
Negli anni successivi il teatro andò aumentando nell'interesse del pubblico,
 
sia con melodrammi che con lavori di prosa del repertorio dell'epoca.
 
Basti ricordare, per sottolineare l'interesse dei viterbesi dell'epoca per
 
il teatro, che nel 1860 la celebre compagnia Bellotti Bon ebbe il teatro dal
 
21 luglio al 25 settembre per ben 40 recite.
Palchi del teatro

Negli anni che seguirono, fino al 1870, che sancì l'annessione di Viterbo al resto d'Italia, le stagioni teatrali 
ebbero alterne fortune. Solo nel 1867 si ebbe un altro grande trionfo, con Cesare Pinzi primo tenore. A lui, 
secondo l'uso del tempo,andarono regali preziosi, omaggi floreali e sonetti. Anche tre balli, con Elvira 
Salviati prima ballerina, ebbero grande successo.
 
Nel 1873 l'impresario Boccacci allestì una stagione lirica con tre opere e due balli. La rassegna fu ottima,
ma si concluse anzitempo per la fuga dell'impresario, che lasciò Viterbo senza pagare gli artisti. Questi non 
conclusero l'ultima recita e il giorno seguente invasero il comune, costringendo il sindaco, Giacomo Lomellini 
d'Aragona, a deliberare il pagamento del personale, circa cento persone esasperate. L'amministratore utilizzò 
il deposito di garanzia di £ 3.000, più £ 1.000 dei propri fondi a fronte di un debito di £ 5.000.
 
Il teatro nel 1920 c.
Le disavventure teatrali del sindaco Lomellini non finiscono qui. Nel 1875, per le difficoltà finanziarie
 
dell'impresario Romiti, stava saltando la stagione lirica. Il sindaco, per non far restare la città senza
 
spettacoli in un periodo in cui erano presenti in città vari forestieri, assunse a carico del Comune
 
l'intero onere degli spettacoli, raggiungendo un deficit di £ 7.670,98, che venne
 
ripianato dalla cassa comunale senza il supporto delle delibere consiliari dovute.
 
Tre anni dopo il nuovo Consiglio addebitava l'intera somma
 
agli eredi del marchese Lomellini, contenzioso che finì con una transazione di £ 3.500.
 
Nel 1885 il Comune dotò il teatro di un sistema di illuminazione a gas, in
 
sostituzione dell'illuminazione a olio.
 
Per vari anni non si era parlato più di lirica, finché nel 1886, per l'inaugurazione
 
della ferrovia Viterbo - Attigliano, vi furono vari spettacoli.

Nel 1887 si ebbe un clamoroso successo con l'opera "Galiana" del maestro viterbese Angelo Medori, per la
 
cui rappresentazione si era costituito un apposito comitato. L'opera rievocava le vicende della leggendaria
 
fanciulla viterbese e la rappresentazione si trasformò in un tripudio di viterbesità.
 
La morte di Medori avvenuta il 19 gennaio 1894, a soli 43 anni, fu un lutto cittadino.
 
Nel 1895 il maggior successo fu ottenuto con il dramma "Domenico Tiburzi il re della macchia" che ebbe ben tre repliche.
 
La cupola del teatro

Dal 1900 alla seconda guerra mondiale


Col passaggio di secolo, nel 1900, il teatro ospitò anche alcuni spettacoli cinematografici.
Anche le cronache del teatro però si fanno più rare, in quanto nel 1902 si spense il conte Cesare Bruscagli, al quale 
si deve la preziosa testimonianza della "Cronaca teatrale", da cui sono tratte gran parte delle notizie qui riportate.
Nel 1905 cadde il cinquantenario dell'inaugurazione che fu celebrata con particolare solennità: il Comune 
commissionò all'ing. Aldo Netti il progetto di illuminazione, per il quale furono utilizzate ben 700 lampadine. 
Una lapide commemorativa fu collocata nell'atrio, con particolare dedica al conte Cesare Pocci. Ora quella lapide, 
con lo stemma di Viterbo scalpellato, giace in un magazzino del teatro. Nel 1914 debutta all'Unione un grande 
cantante lirico viterbese, il baritono Fausto Ricci, un giovane autodidatta scoperto per caso mentre cantava dall'alto 
di un'impalcatura a Roma, intento al lavoro di decoratore.
Nel 1919, invece, vi debuttò il famoso tenore Giacomo Lauri Volpi, che si esibì all'Unione nei "Puritani" 
e quindi replicò nel "Rigoletto". Nel 1920 un comitato di cittadini si costituì in impresa lirica, per far rappresentare 
a Viterbo un'opera del maestro viterbese Adriano Ceccarini, dal titolo "Dona Rios". Nel 1935 si ebbe un 
concerto sinfonico e corale con 70 musicisti e 100 coristi, con la direzione del maestro viterbese Amedeo Cerasa. 
Furono poi eseguiti due intermezzi delle opere liriche del viterbese Adriano Ceccarini: "Lia" e "Dona Rios". 
 
Il teatro nel 1945 c.

Il palcoscenico

Il palcoscenico è uno degli elementi caratterizzanti del teatro Unione: è di proporzioni molto grandi ed in grado di 
ospitare produzioni di notevole importanza. All'epoca fu fatto in funzione di opere liriche che prevedevano grandi scenografie. 
L'attuale uscita di sicurezza sul fondo del palco serviva ad introdurre carrozze e cavalli per particolari rappresentazioni. 
Il boccascena ha un'apertura di m. 11.50, con un'altezza al graticcio di m. 18 e una profondità utile di m. 16.50. 
In una descrizione dell'epoca leggiamo: " il palcoscenico che occupa la parte posteriore è largo palmi 120, e lungo palmi 108. 
E' riccamente fornito di quanto occorre per vari movimenti di scenario, di meccanismo e d'illuminazione; 
il palcoscenico, di cui già indicammo la superficie, è un grande spazio affatto libero senza alcuna divisione 
di muri o di pilastri, ed ha nel fondo una ampia porta corrispondente al livello della strada posteriore, 
per dove possono introdurvisi carri ,cavalli e quanto altro può occorrere ai più grandiosi spettacoli. 
Il tetto che gli sovrasta è basato su valide incavallature di grossi travi che sorreggono al tempo stesso le doppie 
graticciate ove è situato un ben intenso meccanismo per i cambiamenti di scenario. Il meccanismo delle quinte e della 
illuminazione è esatto ed ingegnoso per quanto è semplice e serve regolarmente all'effetto senza molta fatica e difficoltà..."
Il palcoscenico

Il dopoguerra: la ricostruzione

Il teatro fu duramente danneggiato durante i bombardamenti che colpirono la città nel 1943-44. Fu a seguito degli

eventi bellici e per necessità di reperire ingenti somme per la sua ricostruzione che ebbe fine il condominio tra

Società dei palchettisti e Comune, che aveva fino ad allora amministrato il teatro. Il Comune divenne

proprietario al 100% (fino ad allora lo era stato per 1/3, pur partecipando al 50% delle spese) il 9 Dicembre 1949

con decreto prefettizio. Solo così lo Stato potè concedere i contributi necessari alla ricostruzione, vale a dire con la

completa trasformazione dell' Unione in teatro pubblico. Lo stabile fu rifatto quasi per intero, ad eccezione dei

palchi e della facciata. La nuova decorazione pittorica del soffitto della sala fu opera del viterbese Angelo

Canevari. Un altro artista cittadino, Felice Ludovisi, dipinse le tele del soffitto dell'atrio e della biglietteria.

I medaglioni dell'atrio, raffiguranti alcuni grandi compositori, furono eseguiti dal pittore Badaloni.

Invito ad uno spettacolo