Viterbo - Piazza delle Erbe
Piazza delle Erbe, ovvero il cuore
della città di Viterbo. Qui si passeggiava indossando il vestito buono, si
scambiavano
quattro chiacchiere con i conoscenti
e magari si prendeva qualcosa da bere al Gran Caffè Schenardi.
La piazza prende il nome dal mercato della frutta e verdura che vi si teneva,
nome che ha sostituito quello di
piazza Vittorio Emanuele, che
compare su molte delle cartoline qui proposte.
Possiamo notare vari momenti di vita: le carrozze con i cavalli fino agli anni
'30 e poi le automobili.
La recinzione della fontana, per non far abbeverare i cavalli, i cappelli dei
contadini e le pagliette dei signori ben vestiti...
La piazza centrale della città non
resta mai da sola, c'è sempre qualcuno che la anima, in una sorta di continuo
cambio della guardia attraverso i
secoli.
In via dell' Orologio Vecchio (la via che da piazza delle Erbe sale fino ad
incrociare via della Pace)
si trova il palazzo Mazzatosta col suo bel balcone.
La Piazza ebbe vari nomi: “nel
XII si chiamò Piazza Flaiana da una nobile famiglia che vi aveva dimora; nel
quattrocento fu detta
Piazza di S. Stefano da una
vetusta chiesa già ivi esistente; più tardi, in onore di Alessandro VI dopo la
sua venuta a Viterbo,
ebbe il nome di Alessandrina; poi
delle Erbe e finalmente quello di Vittorio Emanuele”
(A. SCRIATTOLI, Viterbo nei suoi monumenti, Roma, 1915-20, ristampa
anastatica, Viterbo, 1988, p. 274).
Dal dopoguerra è tornato in uso il
vecchio e popolare nome di Piazza delle erbe.
Caffè Schenardi
La Fontana dei Leoni
Sulla piazza esisteva una fontana
sin dalla metà del XV secolo, ma essendo ridotta in pessime condizioni nel 1621
si
procedette alla sua sostituzione con
una nuova fontana il cui disegno fu affidato al pittore viterbese Filippo
Caparozzi.
Nel 1874 venne deliberato un nuovo
restauro alla fontana nuovamente rovinata, in particolare tre dei leoni in
peperino
che la ornavano avevano necessità
impellente d’ essere sostituiti.
“L’ illustre scultore cittadino
Pio Fedi regalò i quattro leoni marmorei che rimpiazzarono gli antichi”
(A. SCRIATTOLI, Viterbo nei suoi
monumenti, Roma, 1915-20, ristampa anastatica, Viterbo, 1988, p. 275).
Via dell'Orologio Vecchio
Palazzo Mazzatosta in via
dell'Orologio Vecchio
Non si conosce a quale famiglia
appartenne chi fece erigere il palazzetto che presenta “il più ornato ed
elegante di tutti i balconi
medioevali” della Città. Alcuni lo
riferiscono alla famiglia Capocci, altri agli Aldobrandini di Santa Fiora. Di
certo si sa che fu
abitato da Giovan Giacomo Sacchi,
tesoriere del Patrimonio a partire del 1296 e che nel XV secolo passò alla
Famiglia
Mazzatosta. Nel balcone “si
veggono ripetute tutte le modanature convenzionali delle altre caposcale della
Città.
Senonchè questo,
per la sua lunghezza, ebbe bisogno
di esser sorretto da due arcate e da una colonna;
il che gli diede l‘ aspetto di
una geniale originalità”.
(C. PINZI, I principali monumenti di Viterbo, Viterbo, 1916, pp. 120-121)